Come al solito, in Italia, ci sono troppe zone grigie e quindi bisogna avere sempre il
Tribunale che prenda coscienza della mancanza legislativa e debba fare le veci del
legislatore che non sa fare il suo mestiere.
Parliamo del suicidio assistito e dell’eutanasia sia attiva che passiva,
Non è possibile che in Italia non esista una legge sull’Eutanasia attiva e sul Suicidio
assistito e che esista solo una legge sull’Eutanasia passiva all’interno del testamento
biologico.
Il mondo intero è pieno di Stati che hanno preso le loro decisioni, sia in un senso che
nell’altro e non è etico e corretto non sapere cosa fare in un momento di bisogno.
Ormai si vive in un’epoca di “prevenzione”. L’Italia vive ancora in una situazione
arcaica di “terapia” e non di “prevenzione”. Cioè si aspetta il cadavere, si aspetta
l’arrivo del problema per attivarsi. Un popolo gestito da una serie di politici seri,
coscienti e adeguati al loro ruolo, dovrebbe prevenire e non curare.
Mi rifaccio al Comitato Etico dell’Azienda Sanitaria delle Marche che ha autorizzato
un suicidio assistito di un paziente tetraplegico che ne aveva fatto richiesta. Dopo
varie traversie il Tribunale di Ancona ha dato il benestare al Comitato Etico di poter
esprimere la decisione soprattutto dopo che la Corte Costituzionale del 2019 ha
sentenziato che “chi aiuta una persona a suicidarsi non è punibile a patto che vengano
rispettate alcune condizioni”.
Mi sembra che sia tutto molto farraginoso. Lo Stato Svizzero, vicino all’Italia, Stato
democratico, Stato che previene i problemi, e che cerca di avere la giusta posizione e
la giusta terapia, ha una legge chiara e netta.
Exit, l’associazione che si impegna a favore dell’autodeterminazione delle persone
nella vita e nella morte, offre un’assistenza al suicidio ed una eutanasia sicura e
dignitosa. Dignitosa per il popolo. Ecco : in Italia, il Legislatore forse deve ancora
capire cosa significhi Dignità.
Il paziente in Svizzera che chiama Exit per finire con dignità il suo percorso nel
periodo terreno, decide cosa fare, è seguito da una serie di medici, psicologi ed
infermieri a lui dedicati; nel momento del trapasso è il medico che gli consegna una
bibita da bere e lo assiste fino al decesso.
In Italia non è così: nel suicidio assistito (suicidio: che brutta denominazione che
lede la dignità di un paziente) è la persona che decide di suicidarsi che assume in
maniera autonoma il farmaco (non si sa come, dove, quando, se assistito, se da solo,
se in campagna, se a casa sua, se per la strada); come anche nell’eutanasia attiva dove il medico somministra il farmaco -anche li- non esiste una chiara legge che dica cosa,
dove, come e quando fare.
C’è l’anarchia piu’ totale. E’ proprio li che si lavora male, e si fa una cattivo lavoro
sui malati che vogliono chiudere la vita. E’ questa anarchia che porta, in seguito, a
fare tutto di nascosto. Senza i diritti e doveri sacrosanti da attuare sempre e
costantemente con i pazienti, i quali devono essere rispettati nel loro volere con
dignità.
Io sono un medico e chirurgo che vive e lavora a Ginevra in Svizzera, oltre ad essere
un bioeticista. Da medico credo nella vita e non sono d’accordo nell’eutanasia, ma il
paziente, nel suo volere, va sempre rispettato anche quando va contro il volere dei
medici o quando va contro il giusto trattamento alle sue patologie. Mi sembra che
questo non sia ancora -ed è difficile a dirlo- stato compreso in Itala, patria di ottimi
Scienziati, di ottimi Medici ma forse di una categoria di politici poco attivi, poco
acculturati, e non cosi consci di cosa sia il benessere del paziente, di cosa sia
l’importanza del comprendere la prevenzione in senso “dell’agire prima” e di cosa sia
lavorare veramente a favore della popolazione.
So che prossimamente verrà organizzato un referendum in tal senso in Italia. I politici, che dovrebbero essere sul territorio, non dovrebbero avere bisogno di un Referendum per capire e rispettare il volere della popolazione. La regolamentazione di questo servizio al paziente è un dovere preventivo che la politica deve attuare, sia che noi siamo contro che a favore, prima che il paziente ne abbia veramente bisogno. E’ un problema di dignità, che noi dobbiamo rispettare guardando il paziente.